11/03/10

Y secondo Martina B.

Y secondo Martina B.


BIBI AGOSTO


Per video installazione si intende un tipo di arte visiva nata intorno agli anni settanta. Si tratta di un'installazione che mediata da uno schermo la cui caratteristica principale è il creare e rappresentare, per mezzo di una proiezione video, una realtà altra e artefatta con l'obiettivo di provocare nello spettatore particolari emozioni.

In questo video la protagonista, Elèna, si muove in un contesto asettico, la cui scenografia è composta da uno scorcio di una porta. L'enigma della porta è quello di non sapere se ci troviamo dentro o fuori di un ipotetico spazio.
Il performare dì Elèna sulla scena video, più che richiamare ad una archia di un corpo che si costruisce cercando di conquistare lo spazio, rimanda ad una danza di tipo anarchico dove il corpo si spezza e si decostruisce rapportandosi ad uno spazio che la fa danzare, depistando radicalmente lo spettatore da un "accesso" intellettuale, lo si accompagna in un livello di ricezione fisico e carnale. Danza come destrutturazione del corpo attraverso movimenti rattrappiti, spasmodici accompagnati da uno sguardo che trapassa lo spettatore andando oltre la dimensione del momento presente. Un corpo apparentemente sospeso e mosso da fili invisibili.
La rappresentazione tridimensionale o video installazione, è in continuo mutamento e coinvolge l'utente totalmente, rendendolo protagonista della realtà parallela proiettata dallo schermo, diventando così parte integrante dell'opera stessa.



LETIZIA BELLINI


Il termine icona deriva dal greco "eikon", che può essere tradotto con immagine, e indica una raffigurazione sacra dipinta su tavola.

La realizzazione di queste icone avviene tramite la tecnica del disegno e del collage e si ispira al mondo della bellezza femminile, nonchè tematica principale delle opere dell'artista.
Il collage è stato eseguito attraverso una preventiva ed accurata ricerca di immagini di donne su riviste femminili: donne bellissime, irraggiungibili, appartenenti al mondo della moda, ma spesso inespressive, patinate, annoiate. Si tratta di un prototipo femminile proposto ed ostentato dalla società e dai media come modello ideale da imitare, da raggiungere.
Inoltre nell'insieme dell'opera, sono evidenti riferimenti stilistici dell'arte di Gustav Klimt (1862-1918), non solo attraverso l'uso massiccio del colore oro (tipico anche delle Icone), ma anche per la ripetitività dei simboli.
Attraverso l'uso della scomposizione dell'immagine e della sua rielaborazione, l'artista vuole ridare un'identità diversa al soggetto iniziale ovvero un'identità reale, femminile, con precisi riferimenti alla natura materna e procreativa della donna. E' come dire che il profano diventa sacro.
Lo scopo finale dell'artista è di demitizzare quell'ideale femminile costruito dai vari mezzi di comunicazione ad uso e consumo della società attuale portandolo ad un livello emozionale e poetico.



ROSA BERNAL


Il lavoro di Rosa solitamente prende spunto dal luogo, dallo spazio in cui verrà esposto. Questo ci fa capire quanto l' artista percepisca l'emotività che può suscitare lo spazio e come questo la ispiri per estrapolarne poi un concetto che si trasformerà in materia pittorica. Le tecniche utilizzate da Rosa sono il disegno, il collage e la fotografia.

L'installazione qui presente si sgancia paradossalmente dal concetto precedente, ovvero quello che considera il luogo come fonte di inspirazione dell'opera; in questo particolare caso avviene invece una ricerca che assimila due precedenti mostre per formare, attraverso la sezione delle opere, un'unica successiva installazione.
In breve la prima mostra ci parla della relazione tra uomo e donna, ovvero si tratta di un fantomatico fidazamento tra l'artista ed un famoso attore hollywoodiano (A. Brody), una provocazione che l'artista ricrea attraverso l'uso e l'accostamento dell'autoritratto.
La scelta dell'attore, gioca proprio sul suo aspetto androgino discostandosi da quel particolare atteggiamento dell'uomo inteso come macho. Ma il passare del tempo ridimensiona le prime emozioni ed il personaggio da androgino inizia a svilupparsi inversamente facendo così ricredere l'artista.
Quale modo più efficace se non smembrare, sezionare l'autoritratto dell'immaginaria coppia per poi ricreare un' opera diversa nel soggetto e nella dimensione. ricreando una nuova storia, un plot fatto di segmenti che si alternano dando un senso sempre diverso a questo "puzzle".
Il soggetto della seconda parte dell'opera, provieniente da una mostra successiva, e che viene anch'essa smembrata nella materia, è la figura umana: il corpo rappresentato aderisce ad una sensazione eterea, onirica, impalpabile. " Ogni opera ha il proprio corpo", spiega l'artista, nonostante la leggerezza di questi corpi, i soggetti restano improntati sulla fisicità, sulla corporeità.



EMANUELA BIANCUZZI


La tematica ecologista e gli animali sono parte integrante delle illustrazioni di Emanuela Biancuzzi.

La ricerca attraverso la quale prende forma quest'opera è basata sulla lettura di "Ecocibio" di Jeremy Rifkin, ovvero l'accusa contro quella che egli chiama la "cultura della bistecca". Lettura che ha influenzato e confermato alcune ricerche e convinzioni già presenti nel pensiero dell'artista.
Qui il soggetto bovino, protagonista del libro nonchè del racconto illustrato, subisce degli attacchi da parte di alcuni personaggi che rappresenterebbero l'uomo, ma che in realtà si avvicinano molto di più alla sfera del non-umano, dello zombie, dello scheletro. Personaggi questi ultimi, significativi perchè si conformano simbolicamente ad una dimensione disumana, la stessa che viene inflitta all'animale.
Attraverso l'illustrazione l'autrice vuole evidenziare una protesta nei confronti della società che tende ad avere una maggiore consapevolezza del "finto" rispetto alla realtà, scansando per convenienza le scomode realtà. Arte come messaggio della dimensione sociale.
Volutamente l'opera è priva di cornice, questo per creare e manifestare l'esigenza di espansione dell'opera stessa privata di convenzionali confini. Una continua evoluzione verso lo spazio circostante, creando così anche un dialogo sempre in movimento tra opera-autore-spettatore. Se il tema dell'opera appartiene al concetto di contaminazione, anche i limiti fisici, materici del foglio fanno parte della stessa sfera significativa.



CHIARA BONELLI


Sono due le tematiche che vengono raccontate attraverso le fotografie di Chiara: il dono e la capacità di ri-donarsi.

Il dono è qui inteso come la capacità di donare se stessi profondamente senza limiti ed eccezioni, vivendo la realtà fino in fondo.
il secondo tema, strettamente connesso al primo, analizza la capacità di ri-cominciare a ri-donarsi dopo aver subito sconfitte e sofferenze nella vita.
Uno dei simboli che rappresenta e spiega queste immagini è la maschera, in questo particolare caso è stata scelta la maschera della tradizione veneziana: la storia ci racconta che una delle piaghe maggiori della città di Venezia sia stata la peste che colpì la città in più occasioni." El medico dea peste" non è in realtà una vera e propria maschera di carnevale, ma veniva indossata in casi di necessità come le epidemie di peste: il suo lungo naso conteneva una specie di filtro composto da sali ed erbe aromatiche disinfettanti.
Attraverso il soggetto della maschera l'immagine ci spiega che nonostante il timore ed il rischio del "contagio", può esserci una reazione, direi quasi alla vita sfidando una condizione di morte intesa come passività d'animo.
L'autrice esprime e ci trasmette in questo modo, la forza che contraddistingue l'essere umano, ma che nella donna e nel suo essere femminile, trova la sua massima espressione.



ELENA GRIMAZ


Gli elementi che caratterizzano l'opera di Elena fanno parte della quotidianità; si tratta di materiale di uso comune, ma che in questo specifico caso mutano il loro ruolo ed il loro significato, diventando altro.

La scelta dei materiali utilizzati dall'artista spesso ci parla anche della sua personalità, ad esempio il tema della calza ci riporta al femminile e perchè no al travestimento, ma anche alla leggerezza, alla sensualità. Ma nel momento in cui lo stesso materiale viene abbinato a delle ali piumate, si aggiunge al significato dell'opera un senso di purezza, di etereo, di spirituale, scoprendo così la molteplicità dell'oggetto/soggetto e del suo significato.
Nelle opere di Elena si percepisce la presenza del corpo umano: un corpo non rivelato, ma intuito e sempre presente.
Infatti le opere esposte, nonostante le dimensioni ridotte, sono indumenti eseguiti secondo le proporzioni di un corpo umano, nonostante le caratteristiche non consentano di indossarlo, come se l'autrice volesse giocare con il limite e la natura stessa del corpo umano.
L' installazione comunica una visione pittorica dell'insieme, ma ogni singolo elemento si discosta dall'altro per caratteristiche e significati diversi tra loro, producendo una propria ed unica forza materica.



SUSANNA PAVAN


Il tramite che unisce queste due installazioni è la linea.

La prima installazione rappresenta un'insieme di molteplici fiori ricreati attraverso l'uso della penna ad inchiostro. Si tratta di creazioni floreali utopiche, irreali, appartenenti ad un mondo immaginario, ma che traggono spunto dall'osservazione e dalla riflessione di fiori reali, esistenti, tangibili.
Gioca un ruolo importante il contatto con la natura che l'autrice considera parte indispensabile delle sue opere: "..non posso fare a meno di guardare per ore le radici delle piante, i rami degli alberi e il loro modularsi tortuoso, le pelurie delle piante che nascono, le linee di forza che danno forma alle foglie o ai fiori..."
Gli strumenti di realizzazione scelti dall'artista, carta e penna, rivelano l'intenzione di trasporre di getto le proprie esperienze legate all'osservazione della natura. L'oggetto reale si trasfoma in soggetto irreale, ma il significante resta lo stesso: il fiore.
La seconda installazione è un evoluzione della prima dove il minimo comun denominatore resta sempre la linea. Ma se nel primo caso la linea è guidata, scritta, tracciata, qui il filo si muove, si spezza, si tocca. Il filo come terza dimensione.
Dal bidimensionale del foglio al tridimensionale del filo e dell'uncinetto; la materia tangibile, palpabile, ma che trova le sua origine sempre dalla stessa importante matrice: la natura