NOTE
sulle artiste
"Y"
a TILT
sulle artiste
"Y"
a TILT
di Eleonora Gregorat
Letizia Bellini
Una specie di cocciutissimo gioco di bimba.
Ma è l’affermazione di riconoscimento.
Letizia costruisce le sue “bambole” assemblando ritagli provenienti da espressioni di glamour estremo, le patinate riviste di moda e le preziose decorazioni di Klimt. Nascono entrambe da una proiezione astratta del corpo trasformato in materiale da decorazione. Lei, direi, insiste, anche deturpando, anche cercando una specie di tridimensionalità.
Le esperienze della sua formazione sembravano indirizzare la sua ricerca da tutt’altra parte ma, come lei dice:
“…ma ero acerba e lontana da quella dimensione femminile che ho scoperto intorno ai 25 anni, quando finalmente mi sono sentita meno arrabbiata e combattiva, più vicina alle figure della mia famiglia, mia madre, mia nonna. Penso faccia parte di un ciclo naturale, un sentimento che si collega alla maturità e al senso materno”.
Rosa Bernal
Fluidità è la caratteristica saliente della linea di Rosa.
Una linea che procede alta sulle cose, rabdomanticamente cercando nel vuoto, nella memoria, nel passato.
Sul cartone riciclato, materiale anch’esso con una sua memoria che usa come supporto, si depositano le tracce grafiche delle sue esplorazioni .
Attraversano incertezze e stereotipie pur di inseguire suggestioni lontane sia nel tempo che nel cuore.
Visitano le zone “morbide” della psiche dove si annidano miti e focolai di passioni.
“C’è un noi stessi nel corpo” afferma Rosa mentre ricerca parentele di forma, con l’ambiente, con gli esseri.
Colori sedimentati, come pervasi da un’inerzia, come offuscati dalla nostalgia.
Susanna Pavan
“…come le linee
delle pavimentazioni o le crepe sui muri, ma anche i solchi lasciati
dalle ruote nel terreno morbido in cui spesso mi perdo!”
Alla ricerca di una preziosa essenzialità, Susanna si dedica alla costruzione di forme usando ago e filo, vincolata a un’ esigenza di chiarezza o forse di eleganza.
Sembra sospinta da un desiderio di svolta esistenziale, l’applicazione di un criterio selettivo che non influenza solo la sua attività artistica.
“la scelta del materiale da lavorare è suscettibile al momento che
vivo...in questo periodo cerco pace e ideologia nella leggerezza del
filo che si pone come un racconto, una trama che parla dei misteri del
nascere e dello svilupparsi delle forme, un ricamo che mi porta alla
meditazione del percorso da fare...”
Ma, conoscendosi, aspetta al varco le sue ambizioni, manifestando con una certa ironia il prevalere di una specie di atteggiamento contemplativo, nei confronti della natura che la ispira.
“l'unica vera ambizione è la possibilità di perdermi in
tranquillità tra i pulviscoli.
il mio limite coincide con la mia ambizione, mi perdo tra i pulviscoli”.
Bibi Agosto
I lavori di Bibi Agosto propongono brani di realtà costruita o “accudita” con un delicato distacco. Eléna si staglia con movenze da danzatrice, racconta la sua storia, manifestandosi come forma e come identità.
In Cantimuti la poetica mimica dei volti senza suono si impone come fosse una scoperta.
Francis, che l’artista aveva presentato alla rassegna Sticeboris nel 2007, è il ritratto di un abitante di Pavia, un poeta friulano in un angolo di campagna, disarmato e cocciutamente solitario come i matti. Francis declama le sue liriche dal sapore vagamente apocalittico dietro a uno strano microfono. Il friulano dolce della bassa si spande per la campagna, ma suona estraneo alla sua stessa terra. Le riprese e l’ambientazione sembrano attribuire al poeta un ruolo da “benandant”, il protagonista delle battaglie notturne contro i demoni. Ma si tratta di un benandant privo di orpelli fascinosi, solo con la sua nuda e cruda radice.
Altre opere video di Bibi Agosto si trovano nel sito www.vimeo.com .
Elena Grimaz
“SENTI . MENTALE – dieci, undici, dodici… non so, stazioni
aeree
dimensioni: variabili
installazione di diversi lavori-elementi secondo la
modalità di n.stazioni aeree
Presenterò a Y in un’unica stazione-capolinea punto a
capo, le seguenti æssenze…
momenti di stazione (una sorta di sospensione, un luogo
di confine...) : sentimentaltro”
Già nel linguaggio frammentato e in un qualche modo “lirico” che usa nel descrivere il progetto, Elena procede per individuazione di elementi di uno scenario o di una visione che è già, come immagine completa , nella sua mente. La libertà con cui accoglie le manifestazioni del suo sentire profondo e lo straordinario lavoro a cui si sottomette per realizzare l’installazione, personalmente mi segnalano la presenza di tenacia e necessità. Tenacia e Necessità.
“æssenza è una percezione, una norma del sentire.
æssenze sono pelli, panni non indossabili.
Æ è un suono che funziona per ciò che è nello stesso
tempo assente e presente, sta a significare la
coesistenza dell’ assenza e dell’essenza(intesa come
presenza)”
Resti/avanzi/rifiuti di scene tra-scorse, di drammi consumati.
Gioco melanconico, sceneggiate (o solo scenografie?) ad uso domestico, misteri “passivi” , statici, che recano contenuti emblematici , da tragedia greca.
Emanuela Biancuzzi
Adrenalinica, donna di temperamento, animata da un rigore misterioso, per fortuna applicato al bene. Innocenza armata, dicevo di lei , vale ancora.
Si concentra sempre sul tema animalista, ma dal lato della vendetta. I suoi nervi reclamano un tributo di immaginazione sadica, per sopportare la lettura di “Ecocidio di Jeremy Rifkin” , progetta un’opera “germinale” perché è solo una parte di una catena di smontaggio. Appunti visivi di immagini ossessive che stanno prendendo la forma di una coreografia, come da sempre le riesce spontaneo fare. La forza delle sue visioni viene da un profondo senso di identificazione col dolore degli animali, perché, come dice:
“Ovviamente non li considero degli "elementi" e neanche come una parte importante della mia vita... Sono la mia stessa esistenza”.
E “Sotterranea, invasiva e pervasiva” è la dimensione in cui agisce.
Chiara Bonelli
Trovo, tra le fotografie di Chiara pubblicate sul sito www.premioceleste.it , quello che mi sembra un riferimento al bondage, così definito in Wikipedia:
“Partendo dal light bondage, ovverosia il legare solo mani e/o piedi, si arriva a forme di annodamento complete, in cui si impedisce ogni movimento alla persona legata (in gergo sub) e sottomessa ("mummification"), o addirittura impedendogli ogni contatto col terreno ("suspension")-
In alcune forme il bondage si è trasformato, dalla pratica sessuale che era e rimane, una forma d'arte apprezzata in fotografia e nelle pitture, soprattutto in Giappone.”
Certo un’indagine nell’oscurità delle pulsioni estreme, la sua.
Il sangue, evocato nelle sue opere, non lascia dubbi. La misura della radicalità del suo discorso non riesco a coglierla ancora, tuttavia vorrei dare rilievo a queste frasi, molto indicative, tratte dalle sue risposte:
“La fotografia è solo il mezzo con cui mostro ciò che ho bisogno di mostrare.
Farmi sentire da tutti.
Essere capace ad essere felice senza abbandonare la malinconia.
Di diffidenza, perché sono tanti che non hanno voglia di pensare e provare a capire”.