
Chiara Bonelli
nata a Gorizia
nel 1982
vive e fotografa a Gorizia
Trovo, tra le fotografie di Chiara pubblicate sul sito www.premioceleste.it , quello che mi sembra un riferimento al bondage, così definito in Wikipedia:
“Partendo dal light bondage, ovverosia il legare solo mani e/o piedi, si arriva a forme di annodamento complete, in cui si impedisce ogni movimento alla persona legata (in gergo sub) e sottomessa ("mummification"), o addirittura impedendogli ogni contatto col terreno ("suspension")-
In alcune forme il bondage si è trasformato, dalla pratica sessuale che era e rimane, una forma d'arte apprezzata in fotografia e nelle pitture, soprattutto in Giappone.”
Certo un’indagine nell’oscurità delle pulsioni estreme, la sua.
Il sangue, evocato nelle sue opere, non lascia dubbi. La misura della radicalità del suo discorso non riesco a coglierla ancora, tuttavia vorrei dare rilievo a queste frasi, molto indicative, tratte dalle sue risposte:
“La fotografia è solo il mezzo con cui mostro ciò che ho bisogno di mostrare.
Farmi sentire da tutti.
Essere capace ad essere felice senza abbandonare la malinconia.
Di diffidenza, perché sono tanti che non hanno voglia di pensare e provare a capire”.
di Eleonora Gregorat
Sono due le tematiche che vengono raccontate attraverso le fotografie di Chiara: il dono e la capacità di ri-donarsi.
Il dono è qui inteso come la capacità di donare se stessi profondamente senza limiti ed eccezioni, vivendo la realtà fino in fondo.
il secondo tema, strettamente connesso al primo, analizza la capacità di ri-cominciare a ri-donarsi dopo aver subito sconfitte e sofferenze nella vita.
Uno dei simboli che rappresenta e spiega queste immagini è la maschera, in questo particolare caso è stata scelta la maschera della tradizione veneziana: la storia ci racconta che una delle piaghe maggiori della città di Venezia sia stata la peste che colpì la città in più occasioni." El medico dea peste" non è in realtà una vera e propria maschera di carnevale, ma veniva indossata in casi di necessità come le epidemie di peste: il suo lungo naso conteneva una specie di filtro composto da sali ed erbe aromatiche disinfettanti.
Attraverso il soggetto della maschera l'immagine ci spiega che nonostante il timore ed il rischio del "contagio", può esserci una reazione, direi quasi alla vita sfidando una condizione di morte intesa come passività d'animo.
L'autrice esprime e ci trasmette in questo modo, la forza che contraddistingue l'essere umano, ma che nella donna e nel suo essere femminile, trova la sua massima espressione.
di Martina B.