
Rosa Bernal
nata a Girardot,Colombia
è psicologa
vive in Italia dal 1995 a Ruda
Fluidità è la caratteristica saliente della linea di Rosa.
Una linea che procede alta sulle cose, rabdomanticamente cercando nel vuoto, nella memoria, nel passato.
Sul cartone riciclato, materiale anch’esso con una sua memoria che usa come supporto, si depositano le tracce grafiche delle sue esplorazioni .
Attraversano incertezze e stereotipie pur di inseguire suggestioni lontane sia nel tempo che nel cuore.
Visitano le zone “morbide” della psiche dove si annidano miti e focolai di passioni.
“C’è un noi stessi nel corpo” afferma Rosa mentre ricerca parentele di forma, con l’ambiente, con gli esseri.
Colori sedimentati, come pervasi da un’inerzia, come offuscati dalla nostalgia.
di Eleonora Gregorat
Il lavoro di Rosa solitamente prende spunto dal luogo, dallo spazio in cui verrà esposto. Questo ci fa capire quanto l' artista percepisca l'emotività che può suscitare lo spazio e come questo la ispiri per estrapolarne poi un concetto che si trasformerà in materia pittorica. Le tecniche utilizzate da Rosa sono il disegno, il collage e la fotografia.
L'installazione qui presente si sgancia paradossalmente dal concetto precedente, ovvero quello che considera il luogo come fonte di inspirazione dell'opera; in questo particolare caso avviene invece una ricerca che assimila due precedenti mostre per formare, attraverso la sezione delle opere, un'unica successiva installazione.
In breve la prima mostra ci parla della relazione tra uomo e donna, ovvero si tratta di un fantomatico fidazamento tra l'artista ed un famoso attore hollywoodiano (A. Brody), una provocazione che l'artista ricrea attraverso l'uso e l'accostamento dell'autoritratto.
La scelta dell'attore, gioca proprio sul suo aspetto androgino discostandosi da quel particolare atteggiamento dell'uomo inteso come macho. Ma il passare del tempo ridimensiona le prime emozioni ed il personaggio da androgino inizia a svilupparsi inversamente facendo così ricredere l'artista.
Quale modo più efficace se non smembrare, sezionare l'autoritratto dell'immaginaria coppia per poi ricreare un' opera diversa nel soggetto e nella dimensione. ricreando una nuova storia, un plot fatto di segmenti che si alternano dando un senso sempre diverso a questo "puzzle".
Il soggetto della seconda parte dell'opera, provieniente da una mostra successiva, e che viene anch'essa smembrata nella materia, è la figura umana: il corpo rappresentato aderisce ad una sensazione eterea, onirica, impalpabile. " Ogni opera ha il proprio corpo", spiega l'artista, nonostante la leggerezza di questi corpi, i soggetti restano improntati sulla fisicità, sulla corporeità.
di Martina B.